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Viaggio in autobus a Baires: una storia breve (English below)


Ho cenato da un'amica stasera. A San Telmo. Non molto lontano da casa mia. Solo 40 minuti in autobus. E non sto facendo ironia. É l’una di notte e devo tornare a casa. Esco dal suo palazzo. Cammino verso la grande avenida 9 de Julio. Sì, quella con l’ Obelisco e il grande palazzo con le pareti ricoperte dal ritratto di Evita. Attraverso il viale ... il chè significa attraversare 5 semafori. Proseguo ancora pochi isolati più in là. Fino alla fermata dell'autobus 39. Mi sento sollevata quando arrivo perchè ci sono altre persone in attesa e non devo stare lì tutta sola di notte. Vedo il 39 in lontananza. Si avvicina e gli faccio cenno con la mano di fermarsi. L’autobus rallenta appena e, mentre è ancora in moto, ci salgo al volo. Sono ormai a bordo quando l'autista mi dice che quello non è il 39 che devo prendere per arrivare a Palermo, il quartiere dove vivo, quello è il 39/1, mentre io devo prendere il 39/3. Mentre mi scarica (sempre solo rallentando) alla fermata successiva, mi dice che l' "altro" 39 è in arrivo. OK,

                                                                                                                           “grazie”

dico. Così ora sto aspettando da sola, in una strada molto stretta, abbastanza scura, all’una e mezza di notte. Di fronte a me, un vecchio edificio. Un pezzo molto fatiscente della prima metà del secolo scorso. Da fuori, si direbbe che è una casa a due piani, ma una cosa che si impara vivendo a Buenos Aires è che quegli edifici in stile liberty che decorano le vecchie strade di Montserrat mostrano sempre non più di 2 piani all'esterno, ma dio sa come, hanno almeno tre piani all'interno, spesso quattro. Ebbene, questo edificio è abbandonato. I vetri delle finestre sono rotti e nessuna luce ne esce. A forza di guardarlo, posso quasi sentire un po' di quella musica del ventunesimo secolo che è stato composta almeno prima che Paul McCartney nascesse. Mi spaventa.

Tutto ad un tratto riesco a sentire dell'acqua scorrere. Non sta piovendo.

No.

L'acqua scorre in una delle camere, in uno degli appartamenti abbondonati (?) di quel palazzo.

E non c'è nessuno in strada.

Neanche un gatto.

Il bus non si vede.

L’autista ha detto che era appena dietro di noi, penso, e mi ricordo che "appena" è un concetto molto soggettivo a Buenos Aires. Comincio a capire che sicuramente l’appena delle mie aspettative non coincide con l’appena della previsione dell’autista. E adesso quanto devo aspettare? E perchè non c’è nessuno in questa strada? E l’acqua perchè non l’ho sentita fin dal principio? Ci sarà qualcuno dentro quel palazzo?

Qualcuno che mi sta spiando?


All’ improvviso un uomo si dirige, correndo, verso di me. Non ha giacca, né borsa, è vestito completamente di nero. Camicia e pantaloni. E scarpe. Mi sposto dal marciapiede alla strada, non proprio per lasciarlo passare, ma, a dire il vero, perché io sono sola, in una strada piuttosto buia e un uomo corre verso di me. Corre e si avvicina. Ormai è a pochi metri.

Mi sorpassa. Non mi ha nemmeno guardata.


Continuo a passeggiare in mezzo alla strada. In ogni caso, non c’è nessuna macchina che passa. L'acqua, all'interno dell'edificio, non la smette di scorrere. “ Quando arriva il bus?” Sto controllando se posso scorgere, in lontananza, un grande segnale luminoso che dice “39” che si avvicina, ma niente. Passeggio e faccio finta di niente. Faccio finta di non sentire dentro di me una sensazione strana. Di disagio. Forse anche un pò di paura.

Il palazzo mi sta fissando.

Salgo sul marciapiede. Non so se guardarmi intorno o guardare solo in basso, le mie scarpe con dentro i miei piedi appoggiati sul pavimento del marciapiede.


Ed ecco, all’improvviso, l‘ uomo vestito di nero sta tornando, sempre correndo. Questa volta non mi muovo dal marciapiede e lui, allora, ancora qualche metro più in là, fischia. Fischia verso di me. Vuole che lo lasci passare. Bhè, non ho sicuramente l’intenzione di scontrarmi con l’uomo vestito di nero. E come aveva fatto prima, mi sorpassa senza nemmeno guardarmi. Lo seguo con gli occhi. Si ferma 50 metri più avanti. Si avvicina al muro e piscia.


Mi giro dall'altra parte per non guardare e, grazie a dio, il bus è qui.

39/3.

Quasi vorrei ringraziare qualcuno o qualcosa. Grazie, grazie, grazie. L’edificio mi guarda maligno, lo so, lo sento. L’uomo vestito di nero è ancora lì, da qualche parte, alle mie spalle. I freni del’autobus fischiano e guardando solo le ruote salgo.

A bordo. Non sono sicura di dove voglio andare. Voglio dire, io voglio andare a casa, ma non posso dire al conducente esattamente qual’ è la fermata dove scenderò. Me la suggerisce lui. Calle Honduras. Sì, va bene, è a pochi isolati di distanza dal mio appartamento. C’è un posto nella prima fila. So che non è il meglio. Specialmente se si viaggia di notte. Ma mi piace la prima fila. E mi piace ancora di più poter controllare dove cavolo devo scendere.

L’autobus mi dà una tale sensazione di sicurezza che mi sento parte di esso. Come se fosse mio . Poche fermate dopo io e il mio autobus, facciamo salire un paio di ragazzi. Sanno di menta piperita. Li guardo . Vanno a Plaza Serrano. Hanno in testa quei cappelli con la visiera, tengono in bocca una caramella. Ognuno di loro ne ha una. Devono essersi divisi lo stesso pacchetto, penso. Gli guardo le mani. Ecco il pacchetto. Halls.

Prossima fermata. Un ometto paffuto con un cappotto grigio fa cenno con la mano. Fissa gli occhiali sul naso prima di salire su. E’ davvero molto basso. Quasi un bimbo. Piccoli occhiali dalla montatura nera. Spessa. Tenuta insieme da un pezzo di scotch. E’ buffo. Buffo abbastanza da farmi quasi scordare dell’edificio. Chissà se l’acqua sta ancora scorrendo. Il bus continua il suo viaggio e dalla piccola strada buia si arriva all’ Avenida Corrientes.

Luci! Traffico! Clacson! Suono!

Passiamo davanti alla grande pubblicità della Pepsi. La conosco a memoria. C'è il volto di un calciatore ben noto. Dice soltanto: Inmessionamente.

Due ragazze salgono a bordo, ma continuano a discutere se sia il caso o meno che una aspetti insieme all’altra l’arrivo del bus 111. Maglione e pantaloni attilati. Entrambe. Capelli lunghi lisci. Lo stereoptipo delle porteñe.

"Dai non ti preoccupare io aspetto da sola"

               "... umh..no aspetto con te e poi scendo in Alto Palermo"

"no vai troppo lontano"

              "beh io non ti lascio da sola"

e ci fermiamo ad un semaforo. Una delle ragazze chiede al conducente se l'autobus alla nostra destra è rotto. E ' proprio il 111. L'autista, io e le ragazze solo con uno sguardo siamo tutti d'accordo che qualcosa non va con quel bus. Non c'è nessuno a bordo. Le luci sono spente. Sembra arrivare da un altro momento temporale, da una porta interspaziale. Dopo un paio di secondi le ragazze, interrompendo il contatto visivo tra di noi, vanno finalmente sulla parte posteriore e si siedono. Posso sentirle cantare. No, non sono ubriache. Qui a Buenos Aires la gente canta a volte. Anche senza essere ubriaca.


                                         Giriamo a destra e poi, alcuni isolati più in là,

ancora a destra.   Avenida Santa Fè! Mi sento quasi a casa. Qui conosco persino l'ordine dei negozi. Più o meno.

E ora giriamo a sinistra e sì, siamo in Calle Honduras.


Riconosco quest’ altra strada qui, deve essere Calle Salguero. Mi avvicino alla porta, premo il pulsante per chiedere la fermata e proprio mentre sto per scendere, una donna si guarda nel suo specchietto. Si sta mettendo il rossetto. Rosa, no, fuxia. Stende le labbra con la bocca semi aperta. Gli occhi chiusi in due fessure si spalancano alla fine della operazione. Scendo e penso ai ragazzi, sul retro, che vanno a Plaza Serrano.


Sto camminando verso casa ora. Le strade sono più strette. Niente Avenidas. Ma questo è il mio quartiere, il mio Barrio. So dove sto camminando. I graffiti sui muri mi fanno compagnia. Da una casa arrivano rumori di musica e di brindisi. Probabilmente ci deve essere una festa. Mi scappa quasi un sorriso.

Svolto a sinistra e un po 'delusa mi accorgo che i miei vicini, due “cartoneros” che di solito dormono (e cucinano, e leggono, e chiaccherano) all’incrocio, non ci sono. Credo che sia a causa del vento. Quando c'è vento vanno sempre da qualche altra parte. Credo che siano madre e figlio, ma non ho avuto modo di chiederglielo. Siamo ancora al "Ciaocomestaibeneetu?".

Ora sono davanti alla porta del mio palazzo. Questo pomeriggio, penso, proprio qui, c’era una ragazza che stava facendo una foto al graffito proprio dietro l'angolo. Chissà dov’è e chissà che ne farà di quella foto. Raggiungo con le mie dita le chiavi dentro lo zaino. Apro la porta e la richiudo dietro di me. Ascensore. 7 ° piano. Infilo le chiavi dentro la serratura del mio appartamento. Dovrei far aggiustare la maniglia della porta ... o uno di questi giorni si romperà completamente mentre la sto ancora tenendo in mano.


A bus journey in Baires: a short story

I had dinner at a friend's place tonight. In San Telmo. Not that far from my place. Only 40 minutes ride by bus. And I am not making irony.

It is 1 am and I have to get back home. I go out from her building. I walk towards the big Avenue 9 de Julio. Yeah, the one with the Obelisk and the big building with the portrait of Evita on it. I cross the Avenue...that means crossing five traffic lights. I actually have to go to the other side, few more blocks. There is where I have to wait for the bus 39. I feel relieved when I arrive. There are other people waiting and I do not have to be alone. I see the 39 coming so I wave at it. It just slows down and I catch it while it is still going, ...and the bus driver tells me it is not the one I have to take to get to Palermo, so he drops me off the stop afterwards...he says the "other" 39 is coming soon. OK, "thank you" I say. So now I am waiting alone, in a very narrow street, quite dark. In front of me an old building. A very run-down piece of the first half of the past century. From outside you would say it is a two-floors building, but one thing you learn living in Baires is that those old buildings in Liberty style, decorating the streets of Montserrat, always show no more than two floors from outside, but god knows how, they have at least three floors inside, and often four. Well, this building is abandoned. The glasses of the windows are broken, and no light is coming out. If you stare at it you could almost hear some of that 21st century music that was composed before Paul McCartney was even born. It scares me. Unexpectedly, I can hear water running. It is not raining. No. The water is running in one of the rooms, in one of the flats of that building. And there is nobody in the street. Not even a cat. The bus is not coming. He said it was just behind us....I think...and I remember that "just" is a very subjective concept in Baires. All in a sudden a man comes running towards me. He has no jacket, no bag, he is dressing black. Shirt and trousers. And shoes. I move from the pavement to the street, not really to let him pass, but actually because I am alone, in a quite dark street in San Telmo and a man is running towards me. He goes away. He does not even look at me. I keep standing in the middle of the street. Anyway no car is passing by. The water from inside the building has stopped running. When is the bus coming? I am checking if I can see any big 39 sign getting closer, but nothing. And I feel like the building is staring at me. I get back on the pavement. The man dressing black is coming back, he is still running. This time I do not move from the pavement so he whistles at me and I let him pass. I follow him with the eyes. He stops fifty meters ahead. He gets close to the wall and he pees. I turn to the other side not to look and thanks god, the bus is here. I get on. I am not sure of where I want to go. I mean, I want to go home, but I cannot tell the driver exactly where I'll get off. He suggests me calle Honduras. Yes, it’s fine, it is few blocks away from my place. I seat in the first row. I know it is not the best. Specially if you travel at night. But I like the front row. And I like even more to check where the fuck I have to get off. Few stops later a couple of guys get on. They smell like peppermint. I stare at them. They go to Plaza Serrano and they hold in their mouth a candy. Each of them has one. They must have shared the same pack. I look at their hands. Here it is. Halls.

Next stop. A little chubby man with a grey coat waves his hand. He fixes the glasses on his nose before climbing on. He is really short. Little black-framed glasses. Held together by scotch-tape. He is funny. Funny enough to make me almost forget about the building. Who knows if the water is running again.

The bus continues its journey and from the little dark street we arrive to Avenida Corrientes. Lights! Traffic! Taxes! Sound! We pass by the big Pepsi advertising. I know it by heart. There is the face a well-known football player. It only says: Inmessionamente.

Two girls get on. A jumper and tight jeans. Long strainght hair. Both of them. The stereoptype of the porteñas. They discuss who should wait for the other until the bus 111 comes. “Come on don't worry I wait alone the other one”, “...umh..no I wait with you and then I get off at Alto Palermo”, “...no you go too far”, “...well I am not letting you alone”...and we stop at a traffic light. One of the girls asks the driver if the bus on our right is broken. It is the 111. Yeah, the driver, me and the girls, just with a look to each other, we agree something is wrong with that bus. There is nobody on it. Its lights are off. It seems almost as if it is coming from another moment in time. The girls finally go to the back of the bus and sit. I can hear them singing. No guys, they are not drunk. Here in Baires people sing sometimes. Even without being drunk. We turn right and few blocks later we turn right again. Avenida Santa Fè! I feel almost at home. I know the order of the shops here. More or less. And now we turn left and yes, we are in calle Honduras. I recognize this other road here, it must be Calle Salguero. I press the button, I call the stop and just while I am getting off a woman by the door is fixing herself putting lipstick, a horrible pink lipstick, on. She stretches her lips with her mouth half open. The eyes closed in two slits open wide at the end of the operation.

The guys going to plaza Serrano on the back of the bus continue their ride.

I am walking home now. Streets are narrow again. But this is my Barrio. I know where I am walking. Graffiti on the walls keep me company. Noises of music and toasts come from a house. There probably must be a party. I almost miss a smile. I turn left and, a bit disappointed, I see that my neighbors...two homeless persons who usually sleep (and cook, and read, and chat) at the corner of my block are not there. I guess it is because of the wind. When it is windy they go somewhere else. I believe they are mother and son, but I did not ask them yet. We are still at the "Hello-how-are-you-I-am-fine-and-you?".

I am now in front of the door of my building and I think about the girl who was taking a picture of the graffiti just on the corner this afternoon. Who knows where she is now and who knows what she will do with that picture. I reach with my fingers the keys inside my backpack. I open the door and close it behind me. Elevator. I get to the 7th floor.

I put the key in the lock of my apartment. I enter my flat. I should fix the handle of the door...or one of these days it will break completely while I am still holding it.

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